Faccio fatica a raggruppare quell’immagine di me, come quando si costruisce un puzzle. Gli occhi si sono però ormai abituati a colori sbiaditi e al grigio dei miei mossi capelli. Quella “timida rughetta” che un tempo abitava li vicino alla bocca ora è di tutto rispetto e via ha messo su famiglia.
La voce roca rimbomba nel mio sterno, ma non mi dispiace, mi da carattere.
Sono sempre io alla fine, stesso spirito ribelle, stesso modo di ridere, di apprezzare le cose belle e di lavarmi il viso.
Lo stesso viso che mi fa dare la precedenza nei supermercati, ma al tempo stesso lascia che mi sorpassino lungo i marciapiedi da gambe più robuste.
Indosso da sempre il profumo preferito dalla mia pelle (“Si”perché e lei a scegliere e ogni singola Goccia ti restituisce il giusto connubio di fragranza).
Cerco un capo che mi copra ma al tempo stesso mi dia un tono.
Saluto il mio caro compagno di sguardi e come ogni sabato mi incammino verso il parco che costeggia il quartiere.
Il primo saluto va a lei…
La mia “ombra”…
La quale mi rincorre sempre, ma non riesce mai a superarmi. “Dilettante”…
Mi fermo sulla prima panchina libera lontana dal sole o la mia pelle inizia a lamentarsi con un tempismo talmente perfetto che potrei anticiparla.
Il mio basso udito viene accolto subito da ricche risate di bambini.
“Ohh! Che Bella la profondità di una risata”.
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Quando il tempo diventa tuo complice tutto è più semplice. La storia di Nonna Anna.
Sembra quasi sia la base perfetta per qualsiasi canzone d’autore.
Ragazzi in tuta sportiva corrono riportando in cuffia l’organizzazione della notte precedente, mi domando se sono consapevoli di percorrere costantemente lo stesso tragitto. Un veterano distinto con un giornale in mano chiede di potersi accomodare accanto a me, acconsento.
Lo osservo portarsi il pugno semi chiuso verso l’unico occhio vigile nel tentativo di distinguere le lettere sparse per coglierne qualche informazione.