Mi chiamo Luca Valerio sono nato a Verona il 17 Febbraio 1946.
Terzo di quattro figli, ho gioito durante l’infanzia dell’affetto della mia balia, la quale con premura ed attenzione mi ha cresciuto poiché mio padre possedendo una catena di cinema in tutto il Veneto esteso poi anche a Roma, era spesso fuori per lavoro.
Mia madre per passione faceva l’architetto, lavorava per un importante studio di Designers che prendeva il nome di Sturchio, da lì la mia passione per l’arredamento.
Ero consapevole che mio padre nutrisse una forte affezione verso mio fratello maggiore, d’altronde ci dividevano otto anni e con lui il dialogo era di tutto rispetto.
Mia sorella invece, contribuiva con il suo tocco femminile nel consigliare mia madre sul lavoro.
La balia per me era il “porto sicuro” un porto dove l’unica nave attraccata, ero io.
Ascolta la versione audio. Clicca su PLAY.
Luca Valerio:
Curare i propri affetti è il miglior gioco di squadra.
I miei nonni paterni non li ho conosciuti, quelli materni invece li ho goduti relativamente poco poiché abitavano vicino Piacenza, precisamente a Pittolo, una piccola frazione del comune stesso.
Possedevano una vasta tenuta e noi nipoti andavamo spesso li per trascorrere del sano e divertente tempo insieme a loro.
Ricordo le passeggiate in bicicletta per quelle verdi distese ove la mattina il profumo dell’erba accarezzata dalla rugiada sembrava irradiare il territorio circostante.
All’età di sette anni spinto da un irrefrenabile voglia di brio e divertimento, ricordo di aver preso di nascosto il motorino di mio nonno con l’intento di metterlo in moto e giochicchiare un po, ma ero così piccolo che le mie gambe non toccando a terra, non mi furono di aiuto finendo con il toccare terra in modo brusco e ferendomi notevolmente.
In quell’occasione feci la mia prima antitetanica.
Un ricordo che porto nel cuore risale a quando mia madre mi regalò un treno elettrico della Marklyn, un grande plastico composto da semafori, vagoni e rilievi massicci che completavano l’opera.
Era estremamente complicato da montare e una persona preparata venne appositamente per aiutarci. Imparai molto da quel gioco, come la differenza tra corrente continua ed alternata ed ero molto orgoglioso poiché era un privilegio a quell’epoca avere tra le mani tale meraviglia.
Nonostante io abbia trascorso gran parte della mia crescita con la mia balia, ad oggi posso dire di essere molto riconoscente verso i mie genitori. Grazie a mio padre il quale mi formò lavorativamente, ho imparato il senso della parola costanza, perseveranza e rispetto. Era il capitano della Coppa Davis, la competizione e la tenacia facevano parte della sua forma mentis.