L’edificio per fortuna non distava molto dalla nostra casa, i più fortunati percorrevano la strada in bicicletta i meno come il sottoscritto a piedi.
Le classi erano molto numerose e le aule arrivavano a contenere un massimo di 40 allievi.
L’effluvio che ci accompagnava per tutta la giornata sembrava non volerci salutare al termine dell’orario scolastico e il mal di testa era un invisibile compagno di banco.
I maestri erano costretti a dover essere molto severi per tenere la disciplina.
Le punizioni erano destinate ai sfrontati o a chi mancava di educazione. Ricordo chiaramente l’episodio in cui venni rimproverato per aver riso durante una spiegazione. Non scorderò mai la sofferenza nel dover restare in ginocchio per 40 minuti sui tanto temuti “ceci”.
Per non parlare delle bacchettate sul dorso e palmo della mano.
Riuscivo a sentire l’intera scossa che attraversava il mio corpo.
La punizione meno dolorosa alla quale resistere era quella di tenere braccia incrociate dietro la nuca per diverso tempo.
Ripensandoci tutto ciò era al quanto crudele, ma sicuramente necessario per far valere la propria autorità in un contesto di 40 bambini desiderosi di “baloccarsi”.
Per gli studenti più svogliati definiti “ciuchi” avevamo un cappello con orecchie da asino arrivato alla fine dell’anno ad essere la corona di tutta l’intera classe.
La cartella scolastica era in cartone o in cuoio in base alla possibilità della famiglia. All’interno vi erano poche cose essenziali come un righello in legno, una matita, una gomma, due quaderni e un pennino per il calamaio. La mia apparteneva ad un caro cugino, ricordo ancora l’odore vissuto di quella pelle e il suo liscio rivestimento.
I voti delle pagelle erano trimestrali andavano da 0 a 10 e il metro di valutazione era molto severo.